L’inchiesta
Avevo
chiesto spiegazioni ad alcuni amici del luogo su cosa facessero questi
innumerevoli “vagabondi”, ma non ho ricevuto risposte soddisfacenti.
Allora mi sono messo io stesso alla ricerca, mentre visitavo la città.
Cominciai, in quell'enorme caos che è Napoli, a fare conoscenza con
diversi tipi, inquadrandoli e classificandoli secondo il loro aspetto,
il modo di vestire, di comportarsi, di operare.
Ho trovato quest'operazione
più facile qui che altrove, essendo i napoletani uomini
aperti, che rivelano anche esteriormente la loro estrazione
sociale.
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Birrocciai
Iniziai la mia inchiesta di buon mattino: la gente che vedevo qua e là ferma o intenta
a riposare, erano persone il cui mestiere, in quell'ora, esigeva appunto una sosta. Erano infatti: facchini, che hanno i loro posti fissi in determinate piazze; biroccioi, con i carretti a cavallo, intenti a governare le loro bestie; marinai, sul molo, con la pipa in bocca; pescatori,
sdraiati al sole perché spira vento contrario. Ho visto tanti andare e
venire, ma tutti portavano qualche segno della loro attività. Di accattoni non ne ho visto uno solo,
che non fosse un vecchio, o un inabile, o uno storpio. Quanto più mi
guardavo attorno, e quanto più attentamente osservavo, tanto meno
riuscivo a trovare dei veri vagabondi.
Le prove
Darò qualche particolare, per
rendere il mio resoconto più evidente e credibile. I ragazzi più piccoli
sono occupati in vario modo. Alcuni vanno da Santa Lucia a vendere il
pesce in città; altri raccolgono legna nei pressi dell'arsenale, dove
c'è abbondanza di trucioli, o anche in riva al mare, che deposita
pezzetti di legno. Ho visto bambini di pochi anni camminare a quattro
gambe, che aiutavano i più grandi. Vanno poi in centro con la legna
raccolta e piantano le loro bancarella. Vendono agli operai ed ai
piccolo-borghesi, che usano quel materiale per riscaldarsi o per la
cucina.
Altri ragazzi portano a vendere
in giro l'acqua sulfurea, di cui si fa gran consumo specialmente in
primavera. Altri s'industriano alla meglio nella compra-vendita di
frutta, miele filato, dolciumi, non fosse che per guadagnarsi la loro
porzione gratuitamente.
Graziosissimo è vedere uno di
quei monelli, la cui attrezzatura consiste in una tavoletta e in un
coltello, portare in giro un melone o una zucca arrostita, con intorno
un nugolo di altri piccoli. Lui appoggia la tavola in terra e si mette a
tagliare a pezzetti il frutto. I piccoli avventori controllano
misurando con le dita se per il loro soldo hanno avuto il giusto, mentre
il minuscolo commerciante tratta quella clientela di buongustai con la
stessa precauzione, per non dover rimetterci neanche una briciola. Ho la
convinzione che, rimanendo qui più a lungo, si potrebbero raccogliere
parecchi esempi di simile industriosità infantile.
Un numero rilevante di uomini e
di ragazzi, quasi tutti straccioni, si occupano di trasportare con gli
asini i rifiuti fuori della città. La campagna che circonda Napoli è
tutta un immenso orto: è un piacere osservare l'incredibile quantità di
verdura che viene portata in città tutti i giorni, e come
l’industriosità umana riporti poi alla campagna i rifiuti della cucina,
per concimare la vegetazione. I torsoli e le foglie dei cavolfiori, dei
broccoli, dei carciofi, dei cavoli, dell'insalata, dell'aglio,
costituiscono una parte notevole della spazzatura della città; e ognuno
cerca di raccoglierne quanto più può. Riempiono, con un'abilità
particolare, i grandi canestri issati sul dorso d’un asino. Non c'è un
orto, che non abbia il suo asino. Servi, ragazzi, i padroni stessi vanno
e vengono dalla città durante la giornata. Con quale premura questa
gente raccoglie anche lo stereo dei cavalli e dei muli! Quando di notte i
ricchi se ne tornano a casa in carrozza, non pensano che già dall'alba
altri uomini s'industrieranno a seguire le tracce dei loro cavalli.
Talvolta due di questi
individui fanno società, comprano un asino, prendono in fitto un pezzo
di terra e, lavorando alacremente, sviluppano la loro attività, grazie a
questo clima felice, in cui la vegetazione non si arresta mai.
Il Teatro di San Carlo
Il piccolo commercio
È impossibile descrivere tutte
le varietà del piccolo commercio che si possono osservare a Napoli. Ma
non posso non accennare ai venditori ambulanti, che provengono dagli
strati più umili della popolazione. Alcuni girano con barilotti di acqua
gelata, limoni e bicchieri, per preparare limonate, bevanda alla quale
anche il più straccione non sa rinunziare; altri girano con vassoi di
liquori diversi e bicchierini; altri ancora portano dei vassoi di paste,
dolciumi, agrumi ed altre frutta: si direbbe che tutti vogliano
partecipare e rendere ancor più grandiosa la festa del piacere, che a
Napoli si celebra tutti i giorni.
Vi è poi una moltitudine di
altri rivenditori che offrono in vendita le loro povere mercanzie sopra
una semplice tavoletta o dentro il coperchio d'una scatola, o
disponendole sulla nuda terra nella pubblica piazza. Non si tratta di
oggetti di un’unica categoria merceologica, ma d'una rigatteria vera e
propria. Pezzetti di ferro, cuoio, panno, tela, ecc., che vengono
comperati dalle persone più disparate. Molta gente della classe più
bassa è inoltre occupata presso i mercanti e gli artieri in qualità di
commessi e fattorini.
Non si fanno quattro passi, questo è
vero, senza imbattersi in gente malvestita, se non lacera; ma questa
non è una ragione per gridare al vagabondo, al perdigiorno. Sarei
tentato di enunciare il paradosso che a Napoli la maggior parte delle
industrie sono forse ancora in mano delle classi più umili.
Napoli e Germania
Non si può certo
paragonare quest'industria con quella della Germania, costretta ad
affannarsi non solo giorno per giorno ed ora per ora, nelle giornate
buone per le giornate cattive, e nell'estate per l'inverno. Se l'uomo
del nord è obbligato dalla natura a provvedere ai fatti suoi; se le
nostre donne sono obbligate a salare e ad affumicare le carni per
mantenerle per tutto l'anno; se gli uomini devono fare le provviste di
legna, di grano e di foraggio per le bestie e così via, è chiaro che le
più ore ed i giorni più belli, dedicati al lavoro, sono sottratti al
piacere. Da noi,
per mesi e mesi si rinunzia gioco forza all'aria libera e si
cerca nell'interno della casa un riparo contro il mal tempo, la pioggia,
la neve e il gelo; le stagioni si succedono alle stagioni e
chiunque non voglia finir male, deve diventare un recluso. Non si tratta
di libera scelta, di decidere di fare questi sacrifici; è la natura che
ci costringe a tribolare, a provvedere. Questi influssi
ambientali, rimasti invariati per migliaia d'anni, hanno anche
dato un'impronta decisiva al nostro carattere, per tanti aspetti
rispettabile. Ecco perché giudichiamo troppo severamente le popolazioni
del sud, alle quali il cielo sorride tanto benigno.
Un uomo povero, che a noi sembra un miserabile, può in questi
paesi non solo soddisfare i suoi bisogni più urgenti e più necessari, ma
anche godersi beatamente la vita; un così detto
lazzarone napoletano potrebbe infischiarsene del posto di
vicerè in Norvegia o rifiutare la nomina di governatore in Siberia.
Johann Wolfgang Goethe (1787)
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domenica 24 febbraio 2013
Napoli
Il mio buon amico Volkmann
mi costringe di quando in quando a dissentire dalle sue opinioni. Egli
afferma tra l'altro che a Napoli vi siano dai trenta ai quaranta mila
oziosi. E quanti lo hanno ripetuto dopo di lui! Ma avendo io una certa
conoscenza del Sud, ho subito sospettato che tale giudizio dipendesse
dalla mentalità propria del Nord, dove si considerano oziosi tutti
coloro che non s'affannano a lavorare tutto il santo giorno. Perciò ho
osservato attentamente questo popolo napoletano, e ho potuto constatare che vi è molta gente mal vestita, ma nemmeno uno che sia disoccupato.
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