di
Alfonso Grasso
Il nome
il Castel dell'Ovo sorge imponente sull'isolotto roccioso di Megaride,
costituito da due faraglioni uniti tra di loro da un grande arco
naturale. Sotto il Castello, si adagia il Borgo Marinaro ed il suo
porticciolo, con le basse casette, i ristoranti ed capannoni per le
imbarcazioni. Un breve ponte congiunge l'isolotto a via Partenope, che
porta il nome della leggendaria sirena
della città di Napoli: è una delle strade più belle, da cui lo sguardo
può abbracciare l'intero arco del Golfo. Al suo posto, fino alla fine
dell’Ottocento, vi era un lungo banco di tufo emergente dal mare
chiamato Chiatamone, di cui ora resta l’omonima strada.
Castel dell'Ovo ha una lunga storia che risale ai tempi del ducato napoletano, e, prima ancora, al castrum Lucullanum,
ed il suo nome è legato ad una delle più fantasiose leggende
napoletane, di origine medioevale,secondo la quale Virgilio, il grande
poeta latino, vi avrebbe nascosto all'interno di una gabbia un uovo
incantato chiuso in una gabbia. Il luogo ove era conservato l'uovo, fu
chiuso da pesanti serrature e tenuto segreto poiché da "quell'ovo pendevano tutti li facti e la fortuna del Castel Marino".
Si cominciò a credere che finché l’uovo non si fosse rotto città e
castello sarebbero stati protetti da ogni tipo di calamità, ma se
qualcosa fosse accaduto all'uovo, guai a Napoli ed ai napoletani!
La legenda ha tenuto per secoli, ed il castello non ha mai avuto altro nome. Quando il Petrarca venne a Napoli ospite del re Roberto d'Angiò, apprese anch'egli, la storia dell'uovo incantato del castello. Al tempo della regina Giovanna I,
il castello subì ingenti danni a causa del crollo parziale dell'arco
che unisce i due scogli sul quale è poggiato e la Regina dovette
solennemente giurare di aver provveduto a sostituire l'uovo per evitare
che in città si diffondesse il panico per timore di nuove e più gravi
sciagure. I lavori di restauro fatti a quell'epoca mutarono in parte la
linea architettonica del forte normanno, che divenne per la leggenda
popolare il teatro delle orge delle due regine Giovanna I e Giovanna II, che avrebbero fatto buttare a mare o cadere in oscuri trabocchetti i loro amanti occasionali.
Il Castrum Lucullanum
A
metà VII secolo a.C. sbarcarono sull’isolotto di Megaride i Cumani, di
origine greco-euboica, che fondarono Partenope sul retrostante Monte
Echia, città che incorporò un centro abitato centro abitato più antico, e
che in seguito furono insieme identificati come Palepoli. Nel I secolo
a.C., durante la dominazione romana, sull'isolotto e sul Monte Echia, fu
costruita la villa, o Castrum Lucullanum, del patrizio Lucio
Licinio Lucullo che, probabilmente, si estendeva con parchi e fontane da
Pizzofalcone fino all'attuale Piazza Municipio.
Medaglia in bronzo dedicata a Marco Tullio
Cicerone
(collezione Francesco di Rauso, Caserta) clicca sull'immagine per ingrandire
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Lucullo
era stato un valoroso combattente e, nominato console, aveva vinto la
guerra contro Mitridate, restando a lungo in Asia per la riscossione dei
tributi. Questi incarichi gli fruttarono enormi ricchezze e oggetti
d'arte d'inestimabile valore, compresa una raccolta di papiri ricordata
da Cicerone per la sua importanza ed il suo interesse, che portò nella
sua sontuosissima villa napoletana. Proprio sull'isolotto di Megaride,
egli dava feste e cene sontuose, ognuna delle quali costava un
patrimonio. Così, Lucullo non è passato alla storia per le sue doti di
uomo di cultura, diplomatico e guerriero, ma esclusivamente per i pranzi
“luculliani” che dava nella sua villa. Oggi della sua dimora non
rimane che i rocchi delle colonne nella cosiddetta "Sala delle Colonne"
e i resti di un ninfeo sulla terrazza di Monte Echia.
I conventi
Il Castrum Lucullanum
fu fortificato dall'imperatore Valentiniano III intorno alla metà del V
secolo, ma poi fu messo a sacco da vandali e ostrogoti. Nel 476 Odoacre
tenne prigioniero in quel che rimaneva del Castrum Lucullanum
l'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augustolo che dopo la
morte del padre Oreste aveva preferito consegnarsi nelle mani del
vincitore, il quale, peraltro, si limitò ad esiliarlo dandogli anche una
rendita. Romolo Augustolo morì poco dopo, segnando coni la fine
dell'impero romano d'Occidente.
Tra
i ruderi della villa trovarono rifugio alcuni eremiti, che vi
installarono un refettorio. Successivamente sull'isolotto e su Monte
Echia furono costruiti numerosi conventi da parte di rifugiati
provenienti dall'oriente, fuggiti dai loro paesi a causa della lotta
iconoclastica promossa dall'imperatore Leone III Isaurico. Il primo
convento sorto su Megaride fu quello dell'abate Marciano, venuto dalla
Pannonia, che lo dedicò a San Severino, le cui spoglie furono qui
tumulate. Vi sorsero quindi altri monasteri che alla fine del 600 si
fusero tutti nell'accettazione della regola di San Benedetto. in questi
conventi cominciò un paziente lavoro di ricerca e di copia di antichi
codici e pergamene greche e latine. In questo periodo l'isolotto, sede
di tanti conventi, iniziò ad essere chiamato “del Salvatore”.
Secondo
la leggenda, sbarcò sull'isolotto una nipote dell'imperatore d'Oriente,
Patrizia, fuggita dalla sua terra perché insidiata dallo stesso zio.
Sarebbe lei la fondatrice del romitorio per donne che dal suo nome si
chiamò Santa Patrizia.
Napoli ducale
Durante il periodo del ducato elettivo,
l’isolotto di Megaride fu nuovamente fortificato dai napoletani per far
fronte ai pericoli di invasione. I Mussulmani nel corso del 700 avevano
conquistato la Sicilia
e quasi tutta la Spagna, ed il Mediterraneo era diventato pericoloso
per i continui scontri. Per la verità, non sempre i Saraceni furono
considerati nemici, anzi ci furono numerose alleanze con Napoli, che
ospitò a più riprese delle piccole comunità di mercanti e soldati arabi e
siciliani. Nel secolo IX i monaci furono costretti a lasciare
l'isolotto perché scacciati dal duca Sergio, che ne confiscò i beni.
Sotto altri duchi invece ebbero vari privilegi. Agli inizi del X secolo,
la fortezza fu distrutta dagli stessi napoletani, considerata in quel
momento indifendibile.
Il castello normanno
Con la venuta dei Normanni, l'antico fortilizio venne completamente ricostruito, e re Ruggiero II
vi riunì per la prima volta nel 1139 il suo parlamento.
L’amministrazione normanna determinò per Napoli due direttrici di
sviluppo, di comunicazioni e di commercio: una verso il mare, e l'altra
verso l'entroterra, con Castelcapuano. Con il completamento di
quest'ultimo, il Castel dell'Ovo fu abitato solo saltuariamente.
Successivamente, con gli Svevi
il castello fu reggia, ma anche prigione di stato. Durante il regno di
Carlo I d'Angiò vi furono trasferiti il tribunale della Camera regia e
l'erario dello Stato. Il re vi relegò anche i figli di re Manfredi di Svevia e Margherita, la figlia di Federico II. Sotto il regno di re Roberto,
il castello fu maggiormente fortificato dall'architetto Atanasio
Primario con la costruzione di nuove torri. Anche durante il regno di re
Roberto alcuni locali furono adibiti a prigione ed ospitarono la
principessa d'Acaia, alla quale fu imposto in matrimonio un figlio del
re.
La ricostruzione aragonese
Durante
il XIV secolo, il castello fu danneggiato a seguito della guerra la
guerra tra Carlo III e Giovanna I. Seguirono ad inizio del ‘400 le lotte
tra Aragonesi e Angioini, ed il castello fu preda ora dell'uno ora dell'altro partito. Con la vittoria di Alfonso il Magnanimo,
venne ricostruito, ed il re lo inaugurò solennemente il 6 maggio del
1456. Il castello assunse la forma rappresentata nella famosa Tavola
Strozzi. Alfonso, quando si sentì prossimo alla fine volle farsi
trasferire a Castel dell’Ovo, e fu lì che raccomandò all'erede, Ferrante,
di puntare soprattutto alla pace per il suo popolo. Re Alfonso fu
sepolto temporaneamente nel castello, poi il corpo fu trasportato in
Catalogna, come disposto in precedenza.
la Tavola Strozzi
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Nel 1484, durante il regno di Ferrante I, Castel dell'Ovo fu saccheggiato dalle milizie francesi al soldo dei baroni ribelli [vedi la Congiura dei Baroni] e Ferrante per riprenderlo dovette bombardarlo con l’artiglieria. All'epoca della discesa di Carlo VIII di Francia, 1495, il Castello ospitò Alfonso II, che qui prese la decisione di abdicare in favore del figlio Ferrandino
e di partire alla volta della Sicilia con cinque galee, sulle quali
mise in salvo la preziosa biblioteca di re Alfonso I. In seguito, nel
1501, il castello fu ulteriormente danneggiato dai francesi di Luigi XII
e dagli spagnoli di Consalvo de Cordova comandati da Pietro Navarro,
che spodestarono per conto di Ferdinando il Cattolico, re di Spagna,
l’ultimo re aragonese di Napoli, Federico.
Il Periodo dei Vicerè
Il Regno di Napoli era divenuto una dipendenza degli Spagnoli,
che lo considerarono soprattutto un serbatoio di risorse cui attingere.
Alla Chiesa vennero concesse ulteriori possedimenti e prerogative, e la
l’Inquisizione acquistò un enorme potere. Castel dell'Ovo,
ristrutturato dal vicerè duca d'Alba nel 1663, riassunse le sue funzioni
di prigione: vi fu incarcerato il filosofo Tommaso Campanella prima di
essere condannato a morte. Durante i moti di Masaniello, gli Spagnoli
bombardarono la città dai bastioni del castello.
La Repubblica Napoletana
Castel dell'Ovo, come gli altri forti della città, fu presente nei moti che portarono alla costituzione della Repubblica Napoletana
del 1799: Francesi e rivoluzionari vi si asserragliarono, ma quando
giunsero le truppe del cardinale Ruffo furono costretti a capitolare.
L’Ottocento
Sotto i re napoleonidi
furono costruite casematte e piazzole per artiglieria e quando nel
golfo di Napoli nel 1809 avvenne la battaglia navale tra la Marina
Napoleonide e quella Anglo-Borbonica, il castello si dimostrò
all'altezza della situazione. Dopo il loro ritorno definitivo, i Borbone
fortificarono ancor più il Castello con batterie e due ponti levatoi;
in seguito, il forte fu nuovamente adibito a prigione ed ebbe tra i
reclusi Francesco De Sanctis, Carlo Poerio, Luigi Settembrini e altri
protagonisti dei moti del 1848.
Il Novecento
All'inizio
del ‘900 su questo isolotto sorsero alcuni celebri «Café Chantants»,
quali l’Eldorado e il Santa Lucia, ove si davano piacevoli spettacoli
che duravano tutta la notte, cui intervenivano personaggi come Edoardo
Scarfoglio, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo e Roberto Bracco.
Oggi
il Castello è adibito a convegni e cerimonie d’alto livello. Possono
essere visitate le due torri, denominate Normandia e Maestra, i resti
della Chiesa di San Salvatore, una sala gotica coperta a volte, una
loggia ogivale del '300 trasformata nell'800 in cappella, la Sala delle
Colonne, i resti di un loggiato quattrocentesco, le celle dei monaci, il
cosiddetto carcere della regina Giovanna ed il grande terrazzo
panoramico con i cannoni spagnoli rivolti verso la città.
Il
Castello e Napoli sono sempre lì, sotto il Vesuvio, nella sfavillante
cornice del Golfo. Contraddizioni e miserie ne vorrebbero appannare lo
sfavillio, ma finché c’è l’Ovo …
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