Il
golfo di Napoli, il «golfo» per antonomasia, suscita con la sua
semplice enunciazione un caleidoscopio di immagini scintillanti varie,
vive, nitide e spesso contrastanti ma accomunate tutte da un sentimento
diffuso e profondo di intensa partecipazione emotiva, che assume sempre
più i connotati di uno struggente lirismo.
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Qui
il paesaggio naturale, che pure reca da millenni l'impronta tenace ed
indelebile della presenza dell'uomo, rivela aspetti primordiali che
ancor oggi suscitano stupore ed incredulità.
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Se
da un lato le ineguagliabili suggestioni dell'ambiente mediterraneo
destano da sempre l'ammirata contemplazione dei turisti e dei visitatori
provenienti da ogni parte del Mondo, dall'altro la natura vulcanica del
golfo partenopeo, l'instabilità dei suoli della grande metropoli del
Mezzogiorno, gli inquietanti interrogativi della regione flegrea per non
parlare di «lui», l'oscuro signore del golfo che sotto le mentite
spoglie di una serena e tranquilla montagna governa in realtà le sorti
di un ben più vasto territorio fortemente popolato non possono che far
riflettere quanti abbiano veramente a cuore la salvaguardia e la
conservazione di uno degli angoli più belli di quest'Italia
meravigliosa.
«Campania Felix» la definì
Orazio, uno tra i più famosi autori classici della latinità: Campania
«fortunata» e «fertile», sin dai tempi più antichi, per la straordinaria
fertilità dei suoli vulcanici, per l'ineguagliabile mitezza di un clima
dolce e mediterraneo, per l'incomparabile splendore di un paesaggio
quanto mai ricco e vario. In questa regione antica e singolare, Napoli
ed il suo golfo recitano un ruolo di primaria importanza. Poco meno di
39 km separano in linea d'aria il monte Cuma, nella porzione più
occidentale dei Campi Flegrei, dalla Punta Campanella, situata
all'estremità della penisola sorrentina. Lungo questo arco ideale si
susseguono le perle della suggestiva e pittoresca «collana» partenopea:
le isole flegree - Ischia, Procida e Vivara - Bacoli, Miseno, Baia,
Cuma, Pozzuoli e la Solfatara, Napoli e il Vesuvio, Castellammare di
Stabia, Sorrento e la sua costiera, Capri.
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Questo
ventaglio di proposte, già di per sé ampio ed esaustivo, sottintende un
gran numero di itinerari e di mete turistiche cui ognuno si avvicinerà a
seconda delle proprie esigenze e degli interessi specifici. Il
comprensorio del Golfo di Napoli rappresenta un eccezionale contenitore
di arte e storia, nonché un incomparabile museo della natura all'aperto.
Qui le testimonianze della storia dell'uomo dai primordi all'età
romana, attraverso l'oscuro Medioevo, sino alla tormentata età moderna,
per finire alle contraddizioni ed ai tanti ed insoluti problemi della
società contemporanea si inseriscono di prepotenza nell'ambiente
naturale, che fa da scenografica quinta alle vestigia del passato ed
alle ardite ed avveniristiche soluzioni architettoniche portate a
compimento negli ultimi decenni. Chi voglia comprendere del tutto la
vera immagine e la natura stessa di Napoli e delle sue innumerevoli
appendici turistiche dovrà giocoforza guardare oltre certi obsoleti e
sbiaditi stereotipi quali il sole, la pizza, gli spaghetti e la
tarantella.
Se
la regione del golfo partenopeo è senza ombra di dubbio tra le più
solari del Mediterraneo, se il suo mare ed il suo ciclo sono tra i più
azzurri e sereni d'Italia, se lo splendore delle coste e della
rigogliosa vegetazione gratificano lo spirito del turista, è comunque
necessario approfondirne i contenuti culturali.
Questi
ultimi vanno oltre i tesori di arte, storia, architettura e
artigianato, che pure recitano un ruolo di primo piano, e si calano nel
pianeta del folclore e della tradizione popolare; in quella cultura
schietta e franca che ha affermato da sempre una propria identità
insopprimibile, a dispetto delle varie potenze dominanti. Quell'arte di
arrangiarsi e di riprendere sempre il cammino, quell'atavico desiderio
di trasgredire le regole e di mescolare straordinariamente il sacro ed
il profano - come la liquefazione del sangue di San Gennaro e i numeri
del lotto - quella gioia pirotecnica e liberatrice - Piedigrotta o le
vicende della squadra di calcio - fanno ormai parte di un costume che
non bisogna disconoscere.
La città nuova
Splendidamente
affacciata sul suo pittoresco golfo, delimitato dal Capo Miseno e dalla
Punta Campanella, la città si dispone a semicerchio, tra gli anfiteatri
vulcanici dei Campi Flegrei e del Vesuvio.
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Napoli,
la prima metropoli del Mezzogiorno in quanto a dimensioni urbanistiche,
è la terza città d'Italia per consistenza demografica, uno dei maggiori
scali portuali del Mediterraneo, nonché base strategica e navale.
Rilevante polo d'attrazione di una larga fascia della Campania e delle
regioni interne, è un nodo vitale delle comunicazioni stradali,
ferroviarie e marittime ed è servita da uno scalo aeroportuale terzo per
importanza dopo quelli di Roma e di Milano. La sua struttura economica
si fonda su uno sviluppo industriale, commerciale e del terziario in
genere che presenta ancora delle disarmonie e degli squilibri
strutturali con pesanti riflessi anche nel campo sociale, dove sono
palesemente evidenti i contrasti tra i quartieri benestanti e più
progrediti e le vaste sacche di indigenza e di povertà, aggravate
dall'incuria e dal degrado urbanistico di alcuni quartieri centrali o
suburbani. Tra l'altro l'enorme proliferazione del tessuto urbanizzato
ha di fatto determinato la saldatura con alcuni grossi ed importanti
centri vicini, per cui la superficie occupata dalla grande Napoli è
venuta crescendo a dismisura negli ultimi decenni.
Napoli, l'Arco di Sant'Eligio
tratto da una cartolina d'epoca (Immagine di Enzo
Falcone, Associazione Storico Borgo Sant'Eligio)
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Le
prime sedi umane nel luogo occupato dall'odierna città fanno
riferimento ad una colonia rodiese denominata Parthenope.
Successivamente conosciuta come Paleopolis (la «città vecchia»),
ricevette un sostanziale impulso in conseguenza della fondazione della
colonia di Cuma (IX sec. a.C.). Il nucleo originario della città,
stabilitesi sul luogo occupato dall'odierno Castel dell'Ovo, fu
affiancato, attorno al V sec. a.C., dalla Neapolis (la «città nuova»)
fondata da coloni greci provenienti dall'Eubea. All'epoca della massima
espansione siracusana crebbe d'importanza, affermandosi come la
principale città della regione, anche in virtù degli apporti forniti
dagli abitanti di Cuma che erano fuggiti dopo la conquista sannitica.
Nella seconda metà del IV sec. a.C. Neapolis venne fatalmente
risucchiata nella sfera d'influenza romana, divenendo di fatto
un'alleata della potente e vicina città, nelle guerre che quest'ultima
sostenne contro Cartagine per il controllo del bacino mediterraneo.
Trasformata in un municipium (90 a.C.) e duramente segnata dalla
guerra civile (82 a.C.), la città conservò tuttavia le prerogative
culturali di chiara matrice ellenistica e le attrattive paesaggistiche e
climatiche che perpetuarono, anche durante l'età imperiale, la tendenza
dei nobili e dei patrizi romani a stabilirvisi, erigendo fastose dimore
e splendide residenze. La diffusione del Cristianesimo portò anche a
Napoli le persecuzioni; la vittima più illustre fu Gennaro, vescovo di
Benevento, che subì il martirio a Pozzuoli (IV sec.) e che da allora è
venerato quale santo patrono della città. La disgregazione dell'Impero
di Roma comportò la conquista dei Goti (V sec.) ai quali fecero seguito i
Bizantini. Divenuta un ducato autonomo, a partire dalla seconda metà
delI'VIII sec., riuscì a conservare la propria indipendenza, eccezion
fatta per una breve parentesi longobarda, tenendo testa ai reiterati
tentativi di conquista messi in atto dai Musulmani. La conquista
normanna, avvenuta sotto Ruggero d'Altavilla (1139).
Napoli, l'Arco di Sant'Eligio
(Immagine di Enzo
Falcone, Associazione Storico Borgo Sant'Eligio)
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Dopo
la costituzione del libero Comune, avvenuta sotto gli auspici papali
(1251), assisté alla decadenza sveva ed all'avvento degli Angioini che
le conferirono la dignità di capitale. Il periodo angioino comportò una
rinascenza urbanistica e segnò un nuovo sviluppo della vita culturale,
che continuò anche sotto il successivo casato aragonese.
Le
dispute tra Spagnoli e Francesi portarono quindi all'avvento di Carlo V
(fine del XV sec.). Il successivo governo spagnolo, che si protrarrà
sino agii inizi del XVIII sec. segnerà una delle pagine più difficili
della storia napoletana, agitata da sollevazioni popolari (è nota quella
di Masaniello, 1647) e tormentata da gravi epidemie di peste. Dopo una
breve parentesi di dominazione austriaca, Carlo di Borbone ridiede
l’indipendenza al regno, e Napoli rinnovò i fasti di capitale (1734).
Sulla
scia degli eventi transalpini la città sperimentò l'effimera Repubblica
Napoletana e la dominazione di Giuseppe Bonaparte e del Murat. Tornò
nuovamente ai Borbone nel 1815. Nel 1860 Napoli, a seguito della
sconfitta, venne annessa al Piemonte, e da lì seguì un lungo periodo di
declino.
Duramente
provata durante l'ultima guerra (subì 104 bombardamenti aerei), riuscì a
liberarsi dall'oppressione nazista durante le epiche Quattro giornate
(settembre 1943). Il 23 novembre 1980 anche Napoli venne colpita dal
disastroso terremoto che sconvolse l'Irpinia e la Basilicata, causando
56 vittime in città.
Palazzo San Giacomo
Situato
in piazza Municipio, ospita gli uffici del sindaco e degli assessori.
La sua costruzione risale al periodo del regno di Ferdinando di Borbone,
allorché si provvide a dotare la città di una sede per le segreterie
dello Stato e per i suoi ministeri.
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I
lavori cominciarono nel 1819, con un progetto degli architetti Stefano e
Luigi Gasse. Entrando nel palazzo, nell'atrio è custodita una grande
Testa di donna in marmo, che risale al periodo greco arcaico. Fu
ritrovata nelle vicinanze di una chiesa, e i Napoletani le assegnarono
subito un soprannome: Marianna 'a capa 'e Napule, ossia Marianna la testa di Napoli.
Palazzo San Giacomo,
il Progetto della Facciata.
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Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli
La sua costruzione, nel 1540, fu voluta dal viceré don Pedro di Toledo, su progetto di Ferdinando Manlio.
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Di
particolare valore, all'interno, l'altare maggiore, con un bassorilievo
in marmo bianco che raffigura il Cristo morto, opera di Lorenzo
Vaccaro. Monumentale, invece, il Sepolcro di Don Pedro di Toledo, opera
di Giovanni da Noia, che fu portata a termine nel 1570, trent'anni dopo
l'avvio dei lavori. La Chiesa, nel corso degli anni, è stata soggetta a
vari restauri, ma con le sue tre navate conserva ancora le
caratteristiche cinquecentesche.
Il Maschio Angioino (Castel Nuovo)
Il
Castel Nuovo, situato di fronte al Molo Beverello, su un lato di piazza
Municipio, fu fatto erigere da Carlo I D'Angiò. Fu chiamato "nuovo",
per distinguerlo dagli altri castelli della città ed è chiamato Maschio
Angioino in onore di Carlo D'Angiò. La sua costruzione fu intrapresa
nella seconda metà del XIII sec., sotto il sovrano angioino, che
incaricò dei lavori l'architetto Pietro de Caulis. Quasi due secoli più
tardi Alfonso I d'Aragona provvide a sostanziali opere di rifacimento e
di ristrutturazione, che ne comportarono la ricostruzione pressoché
totale. I lavori, condotti nella prima metà del XV sec. vennero affidati
a mastri di scuola toscana e catalana, che vi lasciarono il segno delle
proprie concezioni architettoniche. È di quell'epoca (1455-1468) la
realizzazione di uno degli elementi architettonicamente, artisticamente e
stilisticamente più pregiati dell'intero complesso: l'Arco di Trionfo
di re Alfonso. Quest'ultimo può a pieno diritto definirsi uno dei più
cospicui saggi di architettura onoraria rinascimentale, dal momento che
costituisce un inseparabile binomio tra l'arte dei maggiori interpreti
della scultura dell'epoca ed i canoni tradizionali dell'arco romano
celebrativo, ai quali manifestamente si ispira.
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L'arco
si inserisce mirabilmente tra la Torre di Mezzo e la Torre di Guardia,
segnando un netto stacco cromatico tra il candore delle sue linee ed il
più scuro piperno. Costruito per celebrare l'ingresso di Alfonso I
d'Aragona a Napoli (24 febbraio 1443), consta di una struttura
complessa, costituita da un arco fiancheggiato da colonne corinzie
affiancate (nell'intradosso alcuni rilievi effigiano Alfonso tra i
parenti e i dignitari del regno) e sostenenti un attico, ove trovano
spazio le splendide raffigurazioni scultoree che rappresentano Alfonso I
mentre fa il suo ingresso trionfale in Napoli. Sopra l'attico si apre
un secondo arco, compreso entro colonne ioniche binate, sostenenti un
secondo attico impreziosito da nicchie entro le quali campeggiano le
statue della Temperanza, della Fortezza, della Giustizia e della
Magnanimità. A dominio di questa grandiosa realizzazione è un timpano
semicircolare con la raffigurazione allegorica di due fiumi, dominato
dalla statua dell'Arcangelo Michele.
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Tra
i maggiori esecutori del mirabile ciclo di sculture spiccano Francesco
Laurana, Domenico Gagini, Isaia da Pisa, Pére Johan. Ristrutturato e
modificato più volte (secc. XVI-XVIII), il Maschio Angioino si presenta,
oggi, nell'impronta quattrocentesca ad esso conferita da un restauro
conservativo, eseguito nella prima metà del XX secolo.
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All'interno
di Castel Nuovo si possono visitare: la Cappella Palatina, la Sala dei
Baroni, e il Museo Civico. La Cappella Palatina, a pianta quadrata, è
caratterizzata da una volta a crociera, con finestre molto simili a
quelle della Chiesa di Santa Chiara. La Cappella è detta anche Chiesa di
Santa Barbara o di San Sebastiano, e si dice che fu affrescata da
Giotto, ma davvero poco rimane di quel lavoro. Al suo interno si
ammirano interessanti sculture del Laurana e di Andrea dell'Aquila e
tracce di affreschi di Maso di Banco. Il Museo Civico, istituito nel
1990, si trova nella Sala Santa Barbara e nei due piani soprastanti,
nell'ala orientale dell'omonimo castello, meglio conosciuto come Maschio
Angioino. Negli ambienti del Museo si susseguono affreschi
trecenteschi, pitture, sculture ed argenti preziosi. La maggior parte
degli affreschi del '300 proviene dal Castello di Casaluce, in provincia
di Caserta.
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Altri
affreschi del 1400 vi sono stati portati dalla chiesa napoletana
dell'Annunziata, da molti anni chiusa al culto. Nella Sala Santa Barbara
si trovano alcuni frammenti di sculture di autori napoletani, prodotti
orientativamente intorno alla metà del XV secolo, nonché tabernacoli di
Jacopo della Pila e di Domenico Gagini, e statue realizzate da altri
artisti vissuti nello stesso periodo (notevole Vergine con il Bambino,
del Laurana). Al secondo piano spicca una tavola prodotta da un ignoto
napoletano del XV secolo; inoltre vi sono sistemate opere di autori di
grande rilievo, fra i quali Battistello Caracciolo,
Mattia Preti,
Francesco Solimena e Francesco Jerace. Sempre al secondo piano sono
sistemati gli argenti. Tra le opere di maggior pregio, spiccano una
Immacolata di Giuliano Finelli, artista carrarese del Seicento e una
Santa Barbara, opera di Lelio Ciliberto. Il terzo piano, infine, ospita
due splendide opere di Vincenzo Gemito: la Testa di ragazzo ed il Pescatore.
Palazzo Reale
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Con
la sua armoniosa struttura, Palazzo Reale domina Largo di Palazzo
(piazza del Plebiscito). II progetto fu redatto dall'architetto Domenico
Fontana. Si iniziò a porre mano ai lavori nel 1600, in concomitanza
dell'arrivo in città del sovrano Filippo II. Il cantiere rimase aperto
per oltre cinquant'anni. Ristrutturato ed ampliato nella prima metà del
XVIII sec., venne ripristinato da Gaetano Genovese che apportò
sostanziali trasformazioni neoclassiche all'edificio, dopo l'incendio
nel 1837. Gli ultimi restauri risalgono al 1994, allorché il Palazzo
ospitò i lavori del 'vertice' del G7 (i Sette Paesi più industrializzati
del Mondo). La facciata allinea due poderosi ordini di finestre
alternate da paraste.
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Al
pianterreno, l'antico portico originario è stato in parte modificato dal
Vanvitelli, per ragioni di staticità del complesso. Al piano terra del
Palazzo si aprono tre ingressi. All'esterno, nelle nicchie costruite dal
Vanvitelli, sono sistemate le statue dei più importanti sovrani di
Napoli e quella del re del Piemonte. Nell'atrio, presso il bellissimo
scalone d'onore secentesco del Picchiatti, rielaborato dal Genovese, è
una porta in bronzo che proviene dal Maschio Angioino. Attualmente
alcune ali del palazzo ospitano uffici di vari enti, mentre dal 1804 vi
ha sede la Biblioteca Nazionale, dove si conservano migliaia di volumi
oltre a un'importante raccolta di papiri di Ercolano. Tra gli altri
ambienti interni più significativi il Salone Centrale, il Salone del
Trono ed il Salone d'Erede che, assieme a numerose altre sale
dell'Appartamento Reale, costituiscono il Museo dell'appartamento
storico di Palazzo Reale). Tra le numerose opere si distinguono quelle
eseguite dal Tiziano, dal Guercino, da Andrea Vaccaro, da
Mattia Preti, dallo Spagnoletto, da Massimo Stanzione e da Luca Giordano.
La Basilica di San Francesco di Paola
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Realizzata
ad imitazione del Pantheon di Roma, fu fatta costruire come ex voto da
Ferdinando I, per aver recuperato il regno perduto. La prima pietra fu
posta nel 1817 ma la costruzione dell'edificio, su progetto
dell'architetto Pietro Bianchi, fu completata solo 29 anni dopo. La
Chiesa è rialzata rispetto al livello stradale e si affaccia su piazza
del Plebiscito, di fronte al Palazzo Reale. La cupola della Chiesa è
alta 53 metri ed è affiancata da due cupole minori laterali.
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Il
pronao sulla facciata culmina in un timpano triangolare sul quale si
levano le statue effigiami la Religione, San Ferdinando di Castiglia e
San Francesco di Paola. L'imponente colonnato, che conferisce alla
piazza la bella impronta semicircolare, venne progettato da Leopoldo
Laperuta (inizi del XIX sec.). L'interno, a pianta circolare, custodisce
un pregevole altar maggiore, realizzato con pietre dure, ed accoglie
numerose sculture e pitture. L'altare maggiore fu disegnato dal Fuga,
l'architetto che progettò il maestoso edificio di piazza Carlo III,
adibito per lunghi anni ad ospizio per i poveri.
La Chiesa di San Ferdinando
Costruita
nel '600, su progetto di Giovanni Conforto, la Chiesa fu affidata alla
Compagnia di Gesù, e quindi donata ai Cavalieri Costantiniani e dedicata
al santo omonimo del re di Napoli, Ferdinando IV.
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Anche
in questa chiesa, oggi celebre per essere il luogo di culto preferito
dagli artisti e dagli scrittori napoletani, che solitamente si
riuniscono nella vicina Galleria, si trovano opere di rilievo artistico:
vanno segnalate le statue in marmo di David e Mosé, opere di Lorenzo e
Domenico Antonio Vaccaro. Gran parte degli affreschi che ornano le pareti di questa Chiesa furono realizzati da
Paolo De Matteis. Si veda anche il Sepolcro di Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia e consorte morganatica di
Ferdinando I, eseguito da Tito Angelini.
Il Teatro
di San Carlo
La sua costruzione fu voluta dal re
Carlo di Borbone,
che affidò la direzione dei lavori a Giovanni Antonio Medrano. Il
Teatro fu inaugurato il 4 novembre 1737, giorno dell'onomastico del re.
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Il
direttore dei lavori, Angelo Carasale, collegò il Teatro a Palazzo
Reale, per consentire al re di entrare direttamente nella Reggia alla
fine degli spettacoli. Nel 1816 il Teatro fu quasi completamente
distrutto da un incendio, e re Ferdinando IV incaricò Antonio Niccolini
di ricostruirlo. L'acustica pressoché perfetta rende il San Carlo uno
dei palcoscenici più ambiti dai grandi lirici e dai direttori
d'orchestra.
La Fontana del Nettuno
Tra
i più pregevoli esempi dell'arredo urbano napoletano, questa fontana,
precedentemente collocata di fronte all'Arsenale, ha trovato stabile
ubicazione in piazza Bovio (o piazza Borsa) dal 1898.
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Il
progetto, su disegno di Giovanni Domenico D'Auria, fu eseguito, agli
inizi del XVII sec., da Domenico Fontana. Successivamente il Fanzago
realizzò la balaustra con i Leoni e gli stemmi. Buona parte delle
sculture (Ninfe, Cavalli marini, Satiri e Tritoni) sono dovute a Pietro Bernini, mentre a Michelangelo Naccherino è attribuito il Nettuno provvisto di un tridente.
La Fontana dell'Immacolatella
Sorge tra via Nazario Sauro e
via Partenope, sul lungomare di Santa Lucia. Risale al 1601 ed è opera
di Michelangelo Naccherino e Pietro Bernini. All'inizio venne sistemata
in largo di Palazzo (piazza del Plebiscito). Tra le più celebri
testimonianze dell'oleografia partenopea, è uno dei simboli per
eccellenza della marina di Napoli, assieme al Maschio Angioino ed al
Castel dell'Ovo.
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La Fontana del Sebeto
Proseguendo
sul lungomare, si arriva a largo Sermoneta, dove sorge la secentesca
Fontana del Sebeto. Eretta da Carlo Fanzago, era situata fino al 1939
sulla salita del Gigante, che porta in Largo di Palazzo (piazza del
Plebiscito). Reca una vasca centrale con delfini e un'Allegoria del
fiume Sebeto, che in passato scorreva in città.
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Castel dell'Ovo
Sorto
sull'isolotto di Megaride, Castel dell'Ovo si staglia al centro del
golfo, tra il porticciolo di Margellina e il Borgo Marinaro, a pochi
passi dalla Villa Comunale. In età romana, al suo posto sorgeva il
Castrum Lucullium, un forte di proprietà del patrizio romano Lucio
Licinio Lucullo.
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Nei
secoli successivi, Normanni e Angioini ampliarono e fortificarono la
costruzione in tufo. Residenza reale di Carlo I D'Angiò e di Alfonso
D'Aragona, nel XVII secolo il Castello fu adibito a prigione; tra gli
altri vi fu incarcerato il monaco-filosofo Tommaso Campanella. La visita
al Castello è molto suggestiva. Si possono osservare i bastioni in tufo
giallo, il Refettorio dei monaci, mentre, dalle terrazze ai piani alti,
si può ammirare lo splendido panorama del golfo, fino al capo di
Posillipo, con l'isola di Capri che si erge di fronte. Secondo la
leggenda medievale, il poeta latino Virgilio, che veniva considerato
nell'antichità anche un potente mago, avrebbe nascosto un uovo
all'interno di una brocca sospesa, in una delle stanze del castello. La
tradizione vuole che, quando la brocca con l'uovo cadrà finendo in
pezzi, il castello e l'intera città andranno in rovina. L'interno del
maniero offre la vista di strutture medievali ed alterna ambienti gotici
a resti assai più antichi, quali i ruderi di un luogo di culto
intitolato a San Salvatore. Sono degne di nota anche la Torre Maestra e
la Torre Normandia.
Piazza del Gesù Nuovo
Si
raggiunge da calata Trinità Maggiore. Nel centro antico della città,
piazza del Gesù Nuovo rappresenta un punto di incontro tra il percorso
medievale e rinascimentale e la Napoli barocca. Nella piazza si trovano i
Palazzi Pignatelli, Sanfelice e la Chiesa del Gesù Nuovo. Su un lato
della piazza si erge, maestoso, il complesso gotico del Monastero e
della Chiesa di Santa Chiara. La Guglia dell'Immacolata, suggestivo
ornamento della piazza, risale al 1750. Il progetto della guglia è di
Giuseppe Genuino, i lavori furono diretti da Giuseppe Di Fiore. Esempio
di barocco napoletano è la parte scultorea della guglia, di Matteo
Bottiglieri e Francesco Pagani.
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In cima
si trova la statua in rame dorato dell'Immacolata, realizzata nel 1753.
Ogni anno, l'8 dicembre, festa dell'Immacolata, già festa nazionale del
Regno di Napoli, i vigili del fuoco depongono una corona di fiori ai
piedi della statua, in cima alla guglia.
Chiesa del Gesù Nuovo
È
fortemente caratterizzata dallo stile barocco. La Chiesa del Gesù
Nuovo, che si affaccia sull'omonima piazza, fu realizzata tra la fine
del 1500 e gli inizi del 1600 da Giuseppe Valeriane. La Chiesa ha la
pianta a croce greca, a tre navate con bracci diseguali. La tipica
facciata a bugnato a punta di diamante, opera di Novello da San Lucano,
era del Palazzo dei Sanseverino.
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L'interno del tempio risalta per il massiccio impiego di policromie marmoree. Vi sono da ammirare opere di Cosimo Fanzago (Santi), di Luca Giordano (Storie di San Francesco Saverio), di Francesco Solimena (La cacciata di Eliodoro dal Tempio). Di particolare interesse è la Cappella di Sant'Anna, dove sono custoditi 64 busti-reliquiario di santi in legno.
Chiesa e Chiostro di Santa Chiara
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La
Chiesa di Santa Chiara sorge a ridosso delle mura romane. Nacque per
volere della regina Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d'Angiò, la
quale, non avendo potuto prendere l'abito delle monache di clausura,
affidò agli inizi del 1310 l'incarico della costruzione a Gagliardo
Primario. Costruita in stile gotico, la Chiesa di Santa Chiara ha subito
numerose modifiche.
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La
Chiesa, come l'annesso Monastero, è affidata alle cure dei frati minori,
mentre le Clarisse di clausura occupano il confinante Monastero della
Trinità, con una chiesetta che si affaccia su piazza del Gesù. Nella
facciata della Chiesa si nota un rosone di oltre otto metri di diametro.
All'interno è custodito anche il Sepolcro di Roberto I d'Angiò.
Quest'opera si inserisce nel contesto delle Tombe Reali, tra le quali
spiccano il Sepolcro di Maria di Durazzo nonché i Sepolcri di Maria di
Valois e di Carlo di Calabria, la tomba di Clemenza e Agnese di Durazzo e
il Sepolcro dei Penna. Nella settima cappella a destra sono custoditi i
trecenteschi Sepolcri del Balzo e un San Francesco, del Naccherino.
Nella decima cappella sono sepolti alcuni regnanti borbonici come
Ferdinando e Francesco II. L'altar maggiore è sovrastato da un
Crocifisso in legno del XIV sec. Nella prima cappella di sinistra è la
tomba di Salvo D'Acquisto, il Vicebrigadiere dei Carabinieri che con il
suo sacrificio salvò la vita a 22 ostaggi dei Tedeschi nel 1943. Dietro
la Chiesa è il Coro delle Clarisse, testimonianza insigne di
architettura gotica. Vi si ammirano frammenti di un ciclo affrescato da
Giotto e allievi. Poco distante dalla Chiesa sorge il Campanile, che fu
costruito nella prima metà del '300. Chi si reca a Santa Chiara non può
non visitare l'antico Chiostro maiolicato nel quale sono raffigurati
fiori e frutta, e Scene di vita quotidiana.
Il Duomo
Il
Duomo rappresenta il centro della vita religiosa della città. Al suo
interno è la Cappella di San Gennaro, dove sono custodite le reliquie
del santo patrono della Campania. Il Duomo, intitolato alla Vergine
Assunta, fu voluto da Carlo II d'Angiò (anche se molti storici
sostengono che la volontà di erigere il tempio sia da attribuire al
padre, Carlo I) e fu eretto dove prima sorgeva la Stefania, una basilica
del VI secolo, i cui resti sono ancora oggi visibili, visitando
l'annesso Palazzo Vescovile. Nel medesimo luogo erano ubicate la
Basilica di Santa Restituta, gemella della Stefania (IV sec.), e la sede
di Aspreno, il primo vescovo di Napoli, successivamente assurto
all'onore degli altari. La facciata del complesso, distrutta dal
terremoto del 1349, è stata completamente rifatta nel corso dei secoli.
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Attualmente
risalta lo stile neogotico, così come voluto dal progettista Enrico
Alvino. Le ultime ristrutturazioni risalgono al 1951 e al 1969, per
porre rimedio ai gravissimi danni causati dai bombardamenti alleati del
1940-1943.
Di
stile quattrocentesco sono i portali della Chiesa, opera dello scultore
Antonio Baboccio (1407). Si osservi il portale maggiore, decorato da leoni
stilofori (XIV sec.) e da una Madonna, eseguita da Tino di Camaino.
L'interno è a croce latina a tre navate, sostenute da 16 pilastri, ai
quali si appoggiano, complessivamente, ben 110 antiche colonne
granitiche.
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Il
Monumento a Carlo I, Carlo Martello e Clemenza d'Asburgo, che campeggia
nella controfacciata, fu realizzato alla fine del XVI sec. da Domenico
Fontana. Il Fonte Battesimale è una pregevole realizzazione del XVII
secolo. Nel transetto destro spicca la pala dell'Assunta, dovuta alla
mano del Perugino. Alla destra del presbiterio (seconda cappella), si
apre la Cappella Minutolo, pregevole saggio di architettura gotica. Vi
si distinguono le tombe dei principi Minutolo ed una serie di pregiati
affreschi e dipinti, ritenuti opera di Montano d'Arezzo e Roberto
d'Oderisio. Alla sinistra del presbiterio (seconda cappella), si apre la
Cappella di San Lorenzo, dove spicca l'Albero di Jesse,
pregevole esecuzione a fresco di Lello da Orvieto (XIV sec.). L'abside
poligonale è di fattura settecentesca, mentre le quattro cappelle del
transetto conservano l'originario aspetto gotico. Di interessante
valore, oltre ai quattro dipinti della crociera, è anche il trono
vescovile di marmo, opera del XIV secolo. Molte le tombe di uomini
illustri che si trovano all'interno della basilica. Tra i sepolcri vi è
anche quello di Sant'Aspreno, primo vescovo di Napoli.
Sottoposto all'altare maggiore si trova il Succorpo del Duomo. È una cappella, conosciuta anche come Confessione di San Gennaro o Cappella Carafa.
Si ritiene che il Bramante possa avere contribuito alla sua
progettazione. Vi si accede mediante una doppia scala, chiusa da due
porte di bronzo. Fu commissionata nel 1497 dal cardinale Oliviero
Carafa. Nel Succorpo sono custoditi i resti di San Gennaro.
La costruzione della Cappella del Tesoro di San Gennaro
fu avviata il 7 giugno del 1608, su disegno di Francesco Grimaldi, per
un voto fatto dalla città, che qualche decennio prima era stata
minacciata dalla peste. Il cancello di ottone di ingresso alla Cappella
fu disegnato da Cosimo Fanzago nel 1630. La Cappella è a croce greca ed è
sormontata da una cupola. Il suo ornato, costituito da preziosi marmi,
argenti e pitture, è di notevole ricchezza.
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La cupola fu affrescata nel XVII sec. dal Lanfranco (Paradiso); le altre pitture a fresco furono eseguite dal Domenichino (Episodi della vita di San Gennaro).
Le pitture su rame, all'altare, sono opera del Domenichino e del
Ribera. L'altare maggiore, costruito su disegno del Solimena, è tutto
coperto da ornamenti di argento e rame dorato. Dietro l'altare maggiore
sono custodite le due ampolle con il sangue del martire, che vengono
esposte al pubblico due volte l'anno - a settembre e nella domenica che
precede la prima domenica di maggio - in occasione del rinnovarsi del
prodigio della liquefazione. È in queste occasioni che viene esposto al
pubblico il preziosissimo Busto reliquiario, eseguito in città nel XIV
sec. dai maestri francesi Etienne, Godefroyd, Guillame de Verdelay,
Milet d'Auxerre.
Nella Sacrestia,
tutta dipinta dal Giordano e dal Farelli, oltre al Busto di San
Gennaro, coperto da un piviale rosso, vi sono anche altri 44 busti
d'argento dei santi compatroni della città di Napoli. La Cappella di Santa Restituta
fu costruita intorno al 1334. Essa si trova, all'interno del Duomo, con
l'accesso posto di fronte a quello della Cappella del Tesoro. Della
originaria struttura, l'antica basilica costantiniana a croce latina,
resta ben poco. Allo stile bizantino, che caratterizzava tutto
l'edificio, nel corso della ristrutturazione avvenuta intorno alla fine
del XVII secolo, sono state aggiunte forme barocche. Da segnalare il
mosaico di Lello da Orvieto, che raffigura la Madonna con il Bambino in trono tra i Santi Gennaro e Restituta. Di particolare interesse artistico è anche la Cappella di San Giovanni, che era l'antico battistero. Altrimenti noto come San Giovanni in Fonte, risale ai secc. IV-V.
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San Gennaro
Il Museo Borbonico (Museo
archeologico Nazionale)
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II
Museo Archeologico Nazionale di Napoli può essere considerato, per la
quantità e la qualità dei reperti greci e romani che vi sono custoditi,
uno dei più importanti centri di cultura del Mondo intero. Il Palazzo
nacque nel 1585 come Caserma di Cavalleria, fu poi adibito ad Università
ed infine fu completamente rifatto e trasformato in Museo da Carlo di
Borbone, che vi trasferì la famosa Collezione Farnese, di sua proprietà
(ereditata dalla madre Elisabetta Farnese, regina di Spagna). Per un
lungo periodo di tempo e fino al 1922, quando fu trasferita a Palazzo
Reale, vi ebbe sede anche la Biblioteca Nazionale.
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Al
primo nucleo del Museo presto si aggiunsero i successivi ampliamenti
dell'ingente patrimonio artistico, determinati dalla sistemazione dei
reperti rinvenuti negli scavi archeologici condotti a Pompei, Ercolano e
Stabia. È praticamente impossibile citare l'enorme quantità dei reperti
e delle opere esposte. Il mutamento dei criteri espositivi inoltre ha
di fatto determinato, negli ultimi anni, un nuovo allestimento degli
spazi aperti al pubblico. Ricorderemo, tra i pezzi o le sale più
rappresentative, i capolavori provenienti dalle romane Terme di
Caracalla (Ercole Farnese) o dalle collezioni dei Medici. Completano il
vastissimo panorama dei materiali esposti le pitture provenienti da
Pompei, Ercolano e Stabia, le sculture, i bronzetti ed i materiali
vascolari. Tra questi ultimi si segnalano i vasi di provenienza etrusca,
attica, lucana, apula e campana.
Castel Sant’Elmo
Insieme
all'adiacente Certosa di San Martino, costituisce un importante
complesso monumentale, posto sulla collina del Vomero. Anche Castel
Sant'Elmo fu edificato per volere di Roberto I D'Angiò: i lavori
cominciarono nel 1329 e terminarono nel 1343.
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La
costruzione tufacea, che da lontano richiama i caratteri architettonici
di Castel Dell'Ovo, servì come opera di fortificazione della città,
soprattutto per proteggerla dalle invasioni via mare. Tutte le vicende
storiche di Napoli passano per Castel Sant'Elmo. Esso fu testimone di
numerosi assedi e di feroci contese. Più volte comunque il vecchio forte
ha rischiato di essere distrutto. Durante l'ultima Guerra Mondiale i
Tedeschi, prima di ritirarsi, volevano farlo saltare in aria, ma
all'ultimo momento preferirono risparmiarlo. Nel Castello, oggi
restaurato, dopo essere stato liberato dalla sua destinazione a carcere
militare, trovano sede mostre artistiche e storiche, mentre all'interno
si trovano la Biblioteca d'arte Molajoli e una videoteca, che fornisce
informazioni sui monumenti di tutta la città. Fanno parte del complesso
la cinquecentesca Chiesa di Sant'Elmo e la Cappella di Santa Maria del
Pilar (XVII sec.). Dai camminamenti e dal piazzale superiore del
Castello si ammira un vasto ed estesissimo panorama sulla città
incorniciata dal Vesuvio, sull'agro partenopeo e sul meraviglioso golfo
delimitato da Capri e dal profilo delle isole flegree.
[vai
alla pagina dedicata]
La Certosa di San Martino
II
complesso architettonico è situato al limite della collina del Vomero,
in magnifica posizione panoramica verso la città, il golfo e le isole.
Il suo caratteristico profilo, sovrastato dalla poderosa mole del Castel
Sant'Elmo, costituisce una delle note più caratteristiche del paesaggio
napoletano. Il monastero venne iniziato in età angioina e fu terminato
sotto la regina Giovanna I (seconda metà del XIV sec.).
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I
primi architetti che lavorarono all'edificazione della Certosa furono
F. di Vito, M. di Malotto, Tino di Camaino, A. Primario, B. de Baeza. Il
complesso venne ristrutturato nel tardo XVI sec., ad opera di G.A.
Dosio, ma fu completamente trasformato da G.G. Conforto e da G. Fanzago,
che ad esso conferirono la tipica impronta del barocco napoletano del
XVII secolo. Negli ambienti della Certosa è ordinato il Museo Nazionale
di San Martino, che offre un interessante spaccato sulla storia e l'arte
della città a cavallo dei secc. XVII-XIX. La bellissima Chiesa, ad
un'unica navata, stupisce per la ricchezza dei decori marmorei e può
essere considerata a pieno diritto una vera e propria galleria di
pitture. Meritano infine una citazione il Chiostro Grande (G.A. Dosio e
C. Fanzago) ed il Chiostro dei Procuratori, realizzato anch'esso dal
Dosio.
Il Palazzo reale di Capodimonte
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Il grandioso edificio si
inserisce mirabilmente nell'esteso e verde parco che corona la collina
di Capodimonte. Il progetto venne redatto da G. Antonio Medrano, per
incarico di re Carlo di Borbone. Il completamento dei lavori, iniziati
nel 1738, richiese quasi un secolo. L'edificio venne infatti terminato
nel 1839, con il determinante concorso di Ferdinando Fuga. Il Palazzo si
presenta nelle armoniose proporzioni architettoniche esaltate dalle
slanciate paraste in piperno, che contrastano con la tinteggiatura
rossiccia delle pareti esterne. Negli ambienti interni trovano la loro
degna sistemazione l'importantissimo Museo e le Gallerie Nazionali di
Capodimonte, riordinate negli anni Cinquanta. Le collezioni sono il
frutto di integrazioni, donazioni e trasferimenti di opere d'arte
susseguitesi nel corso dei secoli. Si distingue la Pinacoteca, ricca di
opere di artisti fra i quali Simone Martini, Masolino da Panicale,
Masaccio, Botticelli, Sebastiano del Piombo, Correggio, Giovanni
Bellini, Mantegna, Tiziano, Caravaggio, Pieter Brueghel, Lucas Cranach,
El Greco.
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Nella
Galleria dell'Ottocento si trovano alcune opere di artisti in larga
misura napoletani, anche se non è trascurabile la rappresentanza delle
altre scuole pittoriche. Una nota caratteristica è restituita
dall'Appartamento Storico e Museo, dove trovano la loro collocazione
pregevoli saggi di porcellane. Meritano infine una citazione la Raccolta
De Ciccio (porcellane e maioliche dal XIII al XVIII sec.) ed il
cosiddetto Salottino di porcellana, raffinata esecuzione della seconda
metà del XVIII secolo. Fanno parte delle dotazioni del Museo le
collezioni di monete preziose e di armi. Nel Parco, noto anche come
Bosco di Capodimonte, sorge l'edificio settecentesco che accolse la nota
Manifattura di porcellane di Capodimonte.
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