domenica 24 febbraio 2013

Napoli ed il suo Golfo



Il golfo di Napoli, il «golfo» per antonomasia, suscita con la sua semplice enunciazione un caleidoscopio di immagini scintillanti varie, vive, nitide e spesso contrastanti ma accomunate tutte da un sentimento diffuso e profondo di intensa partecipazione emotiva, che assume sempre più i connotati di uno struggente lirismo.
Qui il paesaggio naturale, che pure reca da millenni l'impronta tenace ed indelebile della presenza dell'uomo, rivela aspetti primordiali che ancor oggi suscitano stupore ed incredulità.
Se da un lato le ineguagliabili suggestioni dell'ambiente mediterraneo destano da sempre l'ammirata contemplazione dei turisti e dei visitatori provenienti da ogni parte del Mondo, dall'altro la natura vulcanica del golfo partenopeo, l'instabilità dei suoli della grande metropoli del Mezzogiorno, gli inquietanti interrogativi della regione flegrea per non parlare di «lui», l'oscuro signore del golfo che sotto le mentite spoglie di una serena e tranquilla montagna governa in realtà le sorti di un ben più vasto territorio fortemente popolato non possono che far riflettere quanti abbiano veramente a cuore la salvaguardia e la conservazione di uno degli angoli più belli di quest'Italia meravigliosa.
«Campania Felix» la definì Orazio, uno tra i più famosi autori classici della latinità: Campania «fortunata» e «fertile», sin dai tempi più antichi, per la straordinaria fertilità dei suoli vulcanici, per l'ineguagliabile mitezza di un clima dolce e mediterraneo, per l'incomparabile splendore di un paesaggio quanto mai ricco e vario. In questa regione antica e singolare, Napoli ed il suo golfo recitano un ruolo di primaria importanza. Poco meno di 39 km separano in linea d'aria il monte Cuma, nella porzione più occidentale dei Campi Flegrei, dalla Punta Campanella, situata all'estremità della penisola sorrentina. Lungo questo arco ideale si susseguono le perle della suggestiva e pittoresca «collana» partenopea: le isole flegree - Ischia, Procida e Vivara - Bacoli, Miseno, Baia, Cuma, Pozzuoli e la Solfatara, Napoli e il Vesuvio, Castellammare di Stabia, Sorrento e la sua costiera, Capri.
Questo ventaglio di proposte, già di per sé ampio ed esaustivo, sottintende un gran numero di itinerari e di mete turistiche cui ognuno si avvicinerà a seconda delle proprie esigenze e degli interessi specifici. Il comprensorio del Golfo di Napoli rappresenta un eccezionale contenitore di arte e storia, nonché un incomparabile museo della natura all'aperto. Qui le testimonianze della storia dell'uomo dai primordi all'età romana, attraverso l'oscuro Medioevo, sino alla tormentata età moderna, per finire alle contraddizioni ed ai tanti ed insoluti problemi della società contemporanea si inseriscono di prepotenza nell'ambiente naturale, che fa da scenografica quinta alle vestigia del passato ed alle ardite ed avveniristiche soluzioni architettoniche portate a compimento negli ultimi decenni. Chi voglia comprendere del tutto la vera immagine e la natura stessa di Napoli e delle sue innumerevoli appendici turistiche dovrà giocoforza guardare oltre certi obsoleti e sbiaditi stereotipi quali il sole, la pizza, gli spaghetti e la tarantella.
Se la regione del golfo partenopeo è senza ombra di dubbio tra le più solari del Mediterraneo, se il suo mare ed il suo ciclo sono tra i più azzurri e sereni d'Italia, se lo splendore delle coste e della rigogliosa vegetazione gratificano lo spirito del turista, è comunque necessario approfondirne i contenuti culturali.
Questi ultimi vanno oltre i tesori di arte, storia, architettura e artigianato, che pure recitano un ruolo di primo piano, e si calano nel pianeta del folclore e della tradizione popolare; in quella cultura schietta e franca che ha affermato da sempre una propria identità insopprimibile, a dispetto delle varie potenze dominanti. Quell'arte di arrangiarsi e di riprendere sempre il cammino, quell'atavico desiderio di trasgredire le regole e di mescolare straordinariamente il sacro ed il profano - come la liquefazione del sangue di San Gennaro e i numeri del lotto - quella gioia pirotecnica e liberatrice - Piedigrotta o le vicende della squadra di calcio - fanno ormai parte di un costume che non bisogna disconoscere.
La città nuova
Splendidamente affacciata sul suo pittoresco golfo, delimitato dal Capo Miseno e dalla Punta Campanella, la città si dispone a semicerchio, tra gli anfiteatri vulcanici dei Campi Flegrei e del Vesuvio.
Napoli, la prima metropoli del Mezzogiorno in quanto a dimensioni urbanistiche, è la terza città d'Italia per consistenza demografica, uno dei maggiori scali portuali del Mediterraneo, nonché base strategica e navale. Rilevante polo d'attrazione di una larga fascia della Campania e delle regioni interne, è un nodo vitale delle comunicazioni stradali, ferroviarie e marittime ed è servita da uno scalo aeroportuale terzo per importanza dopo quelli di Roma e di Milano. La sua struttura economica si fonda su uno sviluppo industriale, commerciale e del terziario in genere che presenta ancora delle disarmonie e degli squilibri strutturali con pesanti riflessi anche nel campo sociale, dove sono palesemente evidenti i contrasti tra i quartieri benestanti e più progrediti e le vaste sacche di indigenza e di povertà, aggravate dall'incuria e dal degrado urbanistico di alcuni quartieri centrali o suburbani. Tra l'altro l'enorme proliferazione del tessuto urbanizzato ha di fatto determinato la saldatura con alcuni grossi ed importanti centri vicini, per cui la superficie occupata dalla grande Napoli è venuta crescendo a dismisura negli ultimi decenni.
 
Napoli, l'Arco di Sant'Eligio tratto da una cartolina d'epoca (Immagine di Enzo Falcone, Associazione Storico Borgo Sant'Eligio)
Le prime sedi umane nel luogo occupato dall'odierna città fanno riferimento ad una colonia rodiese denominata Parthenope. Successivamente conosciuta come Paleopolis (la «città vecchia»), ricevette un sostanziale impulso in conseguenza della fondazione della colonia di Cuma (IX sec. a.C.). Il nucleo originario della città, stabilitesi sul luogo occupato dall'odierno Castel dell'Ovo, fu affiancato, attorno al V sec. a.C., dalla Neapolis (la «città nuova») fondata da coloni greci provenienti dall'Eubea. All'epoca della massima espansione siracusana crebbe d'importanza, affermandosi come la principale città della regione, anche in virtù degli apporti forniti dagli abitanti di Cuma che erano fuggiti dopo la conquista sannitica. Nella seconda metà del IV sec. a.C. Neapolis venne fatalmente risucchiata nella sfera d'influenza romana, divenendo di fatto un'alleata della potente e vicina città, nelle guerre che quest'ultima sostenne contro Cartagine per il controllo del bacino mediterraneo. Trasformata in un municipium (90 a.C.) e duramente segnata dalla guerra civile (82 a.C.), la città conservò tuttavia le prerogative culturali di chiara matrice ellenistica e le attrattive paesaggistiche e climatiche che perpetuarono, anche durante l'età imperiale, la tendenza dei nobili e dei patrizi romani a stabilirvisi, erigendo fastose dimore e splendide residenze. La diffusione del Cristianesimo portò anche a Napoli le persecuzioni; la vittima più illustre fu Gennaro, vescovo di Benevento, che subì il martirio a Pozzuoli (IV sec.) e che da allora è venerato quale santo patrono della città. La disgregazione dell'Impero di Roma comportò la conquista dei Goti (V sec.) ai quali fecero seguito i Bizantini. Divenuta un ducato autonomo, a partire dalla seconda metà delI'VIII sec., riuscì a conservare la propria indipendenza, eccezion fatta per una breve parentesi longobarda, tenendo testa ai reiterati tentativi di conquista messi in atto dai Musulmani. La conquista normanna, avvenuta sotto Ruggero d'Altavilla (1139).
Napoli, l'Arco di Sant'Eligio (Immagine di Enzo Falcone, Associazione Storico Borgo Sant'Eligio)
Dopo la costituzione del libero Comune, avvenuta sotto gli auspici papali (1251), assisté alla decadenza sveva ed all'avvento degli Angioini che le conferirono la dignità di capitale. Il periodo angioino comportò una rinascenza urbanistica e segnò un nuovo sviluppo della vita culturale, che continuò anche sotto il successivo casato aragonese.
Le dispute tra Spagnoli e Francesi portarono quindi all'avvento di Carlo V (fine del XV sec.). Il successivo governo spagnolo, che si protrarrà sino agii inizi del XVIII sec. segnerà una delle pagine più difficili della storia napoletana, agitata da sollevazioni popolari (è nota quella di Masaniello, 1647) e tormentata da gravi epidemie di peste. Dopo una breve parentesi di dominazione austriaca, Carlo di Borbone ridiede l’indipendenza al regno, e Napoli rinnovò i fasti di capitale (1734).
Sulla scia degli eventi transalpini la città sperimentò l'effimera Repubblica Napoletana e la dominazione di Giuseppe Bonaparte e del Murat. Tornò nuovamente ai Borbone nel 1815. Nel 1860 Napoli, a seguito della sconfitta, venne annessa al Piemonte, e da lì seguì un lungo periodo di declino.
Duramente provata durante l'ultima guerra (subì 104 bombardamenti aerei), riuscì a liberarsi dall'oppressione nazista durante le epiche Quattro giornate (settembre 1943). Il 23 novembre 1980 anche Napoli venne colpita dal disastroso terremoto che sconvolse l'Irpinia e la Basilicata, causando 56 vittime in città.
Palazzo San Giacomo
Situato in piazza Municipio, ospita gli uffici del sindaco e degli assessori. La sua costruzione risale al periodo del regno di Ferdinando di Borbone, allorché si provvide a dotare la città di una sede per le segreterie dello Stato e per i suoi ministeri.
I lavori cominciarono nel 1819, con un progetto degli architetti Stefano e Luigi Gasse. Entrando nel palazzo, nell'atrio è custodita una grande Testa di donna in marmo, che risale al periodo greco arcaico. Fu ritrovata nelle vicinanze di una chiesa, e i Napoletani le assegnarono subito un soprannome: Marianna 'a capa 'e Napule, ossia Marianna la testa di Napoli.
Palazzo San Giacomo, il Progetto della Facciata. Clicca per ingrandire
Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli
La sua costruzione, nel 1540, fu voluta dal viceré don Pedro di Toledo, su progetto di Ferdinando Manlio.
Di particolare valore, all'interno, l'altare maggiore, con un bassorilievo in marmo bianco che raffigura il Cristo morto, opera di Lorenzo Vaccaro. Monumentale, invece, il Sepolcro di Don Pedro di Toledo, opera di Giovanni da Noia, che fu portata a termine nel 1570, trent'anni dopo l'avvio dei lavori. La Chiesa, nel corso degli anni, è stata soggetta a vari restauri, ma con le sue tre navate conserva ancora le caratteristiche cinquecentesche.
Il Maschio Angioino (Castel Nuovo)
Il Castel Nuovo, situato di fronte al Molo Beverello, su un lato di piazza Municipio, fu fatto erigere da Carlo I D'Angiò. Fu chiamato "nuovo", per distinguerlo dagli altri castelli della città ed è chiamato Maschio Angioino in onore di Carlo D'Angiò. La sua costruzione fu intrapresa nella seconda metà del XIII sec., sotto il sovrano angioino, che incaricò dei lavori l'architetto Pietro de Caulis. Quasi due secoli più tardi Alfonso I d'Aragona provvide a sostanziali opere di rifacimento e di ristrutturazione, che ne comportarono la ricostruzione pressoché totale. I lavori, condotti nella prima metà del XV sec. vennero affidati a mastri di scuola toscana e catalana, che vi lasciarono il segno delle proprie concezioni architettoniche. È di quell'epoca (1455-1468) la realizzazione di uno degli elementi architettonicamente, artisticamente e stilisticamente più pregiati dell'intero complesso: l'Arco di Trionfo di re Alfonso. Quest'ultimo può a pieno diritto definirsi uno dei più cospicui saggi di architettura onoraria rinascimentale, dal momento che costituisce un inseparabile binomio tra l'arte dei maggiori interpreti della scultura dell'epoca ed i canoni tradizionali dell'arco romano celebrativo, ai quali manifestamente si ispira.
L'arco si inserisce mirabilmente tra la Torre di Mezzo e la Torre di Guardia, segnando un netto stacco cromatico tra il candore delle sue linee ed il più scuro piperno. Costruito per celebrare l'ingresso di Alfonso I d'Aragona a Napoli (24 febbraio 1443), consta di una struttura complessa, costituita da un arco fiancheggiato da colonne corinzie affiancate (nell'intradosso alcuni rilievi effigiano Alfonso tra i parenti e i dignitari del regno) e sostenenti un attico, ove trovano  spazio le splendide raffigurazioni scultoree che rappresentano Alfonso I mentre fa il suo ingresso trionfale in Napoli. Sopra l'attico si apre un secondo arco, compreso entro colonne ioniche binate, sostenenti un secondo attico impreziosito da nicchie entro le quali campeggiano le statue della Temperanza, della Fortezza, della Giustizia e della Magnanimità. A dominio di questa grandiosa realizzazione è un timpano semicircolare con la raffigurazione allegorica di due fiumi, dominato dalla statua dell'Arcangelo Michele.
Tra i maggiori esecutori del mirabile ciclo di sculture spiccano Francesco Laurana, Domenico Gagini, Isaia da Pisa, Pére Johan. Ristrutturato e modificato più volte (secc. XVI-XVIII), il Maschio Angioino si presenta, oggi, nell'impronta quattrocentesca ad esso conferita da un restauro conservativo, eseguito nella prima metà del XX secolo.
All'interno di Castel Nuovo si possono visitare: la Cappella Palatina, la Sala dei Baroni, e il Museo Civico. La Cappella Palatina, a pianta quadrata, è caratterizzata da una volta a crociera, con finestre molto simili a quelle della Chiesa di Santa Chiara. La Cappella è detta anche Chiesa di Santa Barbara o di San Sebastiano, e si dice che fu affrescata da Giotto, ma davvero poco rimane di quel lavoro. Al suo interno si ammirano interessanti sculture del Laurana e di Andrea dell'Aquila e tracce di affreschi di Maso di Banco. Il Museo Civico, istituito nel 1990, si trova nella Sala Santa Barbara e nei due piani soprastanti, nell'ala orientale dell'omonimo castello, meglio conosciuto come Maschio Angioino. Negli ambienti del Museo si susseguono affreschi trecenteschi, pitture, sculture ed argenti preziosi. La maggior parte degli affreschi del '300 proviene dal Castello di Casaluce, in provincia di Caserta.
Altri affreschi del 1400 vi sono stati portati dalla chiesa napoletana dell'Annunziata, da molti anni chiusa al culto. Nella Sala Santa Barbara si trovano alcuni frammenti di sculture di autori napoletani, prodotti orientativamente intorno alla metà del XV secolo, nonché tabernacoli di Jacopo della Pila e di Domenico Gagini, e statue realizzate da altri artisti vissuti nello stesso periodo (notevole Vergine con il Bambino, del Laurana). Al secondo piano spicca una tavola prodotta da un ignoto napoletano del XV secolo; inoltre vi sono sistemate opere di autori di grande rilievo, fra i quali Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Francesco Solimena e Francesco Jerace. Sempre al secondo piano sono sistemati gli argenti. Tra le opere di maggior pregio, spiccano una Immacolata di Giuliano Finelli, artista carrarese del Seicento e una Santa Barbara, opera di Lelio Ciliberto. Il terzo piano, infine, ospita due splendide opere di Vincenzo Gemito: la Testa di ragazzo ed il Pescatore.
Palazzo Reale
Con la sua armoniosa struttura, Palazzo Reale domina Largo di Palazzo (piazza del Plebiscito). II progetto fu redatto dall'architetto Domenico Fontana. Si iniziò a porre mano ai lavori nel 1600, in concomitanza dell'arrivo in città del sovrano Filippo II. Il cantiere rimase aperto per oltre cinquant'anni. Ristrutturato ed ampliato nella prima metà del XVIII sec., venne ripristinato da Gaetano Genovese che apportò sostanziali trasformazioni neoclassiche all'edificio, dopo l'incendio nel 1837. Gli ultimi restauri risalgono al 1994, allorché il Palazzo ospitò i lavori del 'vertice' del G7 (i Sette Paesi più industrializzati del Mondo). La facciata allinea due poderosi ordini di finestre alternate da paraste.
Al pianterreno, l'antico portico originario è stato in parte modificato dal Vanvitelli, per ragioni di staticità del complesso. Al piano terra del Palazzo si aprono tre ingressi. All'esterno, nelle nicchie costruite dal Vanvitelli, sono sistemate le statue dei più importanti sovrani di Napoli e quella del re del Piemonte. Nell'atrio, presso il bellissimo scalone d'onore secentesco del Picchiatti, rielaborato dal Genovese, è una porta in bronzo che proviene dal Maschio Angioino. Attualmente alcune ali del palazzo ospitano uffici di vari enti, mentre dal 1804 vi ha sede la Biblioteca Nazionale, dove si conservano migliaia di volumi oltre a un'importante raccolta di papiri di Ercolano. Tra gli altri ambienti interni più significativi il Salone Centrale, il Salone del Trono ed il Salone d'Erede che, assieme a numerose altre sale dell'Appartamento Reale, costituiscono il Museo dell'appartamento storico di Palazzo Reale). Tra le numerose opere si distinguono quelle eseguite dal Tiziano, dal Guercino, da Andrea Vaccaro, da Mattia Preti, dallo Spagnoletto, da Massimo Stanzione e da Luca Giordano.
La Basilica di San Francesco di Paola
Realizzata ad imitazione del Pantheon di Roma, fu fatta costruire come ex voto da Ferdinando I, per aver recuperato il regno perduto. La prima pietra fu posta nel 1817 ma la costruzione dell'edificio, su progetto dell'architetto Pietro Bianchi, fu completata solo 29 anni dopo. La Chiesa è rialzata rispetto al livello stradale e si affaccia su piazza del Plebiscito, di fronte al Palazzo Reale. La cupola della Chiesa è alta 53 metri ed è affiancata da due cupole minori laterali.
Il pronao sulla facciata culmina in un timpano triangolare sul quale si levano le statue effigiami la Religione, San  Ferdinando di Castiglia e San Francesco di Paola. L'imponente colonnato, che conferisce alla piazza la bella impronta semicircolare, venne progettato da Leopoldo Laperuta (inizi del XIX sec.). L'interno, a pianta circolare, custodisce un pregevole altar maggiore, realizzato con pietre dure, ed accoglie numerose sculture e pitture. L'altare maggiore fu disegnato dal Fuga, l'architetto che progettò il maestoso edificio di piazza Carlo III, adibito per lunghi anni ad ospizio per i poveri.
La Chiesa di San Ferdinando
Costruita nel '600, su progetto di Giovanni Conforto, la Chiesa fu affidata alla Compagnia di Gesù, e quindi donata ai Cavalieri Costantiniani e dedicata al santo omonimo del re di Napoli, Ferdinando IV.
Anche in questa chiesa, oggi celebre per essere il luogo di culto preferito dagli artisti e dagli scrittori napoletani, che solitamente si riuniscono nella vicina Galleria, si trovano opere di rilievo artistico: vanno segnalate le statue in marmo di David e Mosé, opere di Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro. Gran parte degli affreschi che ornano le pareti di questa Chiesa furono realizzati da Paolo De Matteis. Si veda anche il Sepolcro di Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia e consorte morganatica di Ferdinando I, eseguito da Tito Angelini.
Il Teatro di San Carlo
La sua costruzione fu voluta dal re Carlo di Borbone, che affidò la direzione dei lavori a Giovanni Antonio Medrano. Il Teatro fu inaugurato il 4 novembre 1737, giorno dell'onomastico del re.
Il direttore dei lavori, Angelo Carasale, collegò il Teatro a Palazzo Reale, per consentire al re di entrare direttamente nella Reggia alla fine degli spettacoli. Nel 1816 il Teatro fu quasi completamente distrutto da un incendio, e re Ferdinando IV incaricò Antonio Niccolini di ricostruirlo. L'acustica pressoché perfetta rende il San Carlo uno dei palcoscenici più ambiti dai grandi lirici e dai direttori d'orchestra.
La Fontana del Nettuno
Tra i più pregevoli esempi dell'arredo urbano napoletano, questa fontana, precedentemente collocata di fronte all'Arsenale, ha trovato stabile ubicazione in piazza Bovio (o piazza Borsa) dal 1898.
Il progetto, su disegno di Giovanni Domenico D'Auria, fu eseguito, agli inizi del XVII sec., da Domenico Fontana. Successivamente il Fanzago realizzò la balaustra con i Leoni e gli stemmi. Buona parte delle sculture (Ninfe, Cavalli marini, Satiri e Tritoni) sono dovute a Pietro Bernini, mentre a Michelangelo Naccherino è attribuito il Nettuno provvisto di un tridente.
La Fontana dell'Immacolatella
Sorge tra via Nazario Sauro e via Partenope, sul lungomare di Santa Lucia. Risale al 1601 ed è opera di Michelangelo Naccherino e Pietro Bernini. All'inizio venne sistemata in largo di Palazzo (piazza del Plebiscito). Tra le più celebri testimonianze dell'oleografia partenopea, è uno dei simboli per eccellenza della marina di Napoli, assieme al Maschio Angioino ed al Castel dell'Ovo.
La Fontana del Sebeto
Proseguendo sul lungomare, si arriva a largo Sermoneta, dove sorge la secentesca Fontana del Sebeto. Eretta da Carlo Fanzago, era situata fino al 1939 sulla salita del Gigante, che porta in Largo di Palazzo (piazza del Plebiscito). Reca una vasca centrale con delfini e un'Allegoria del fiume Sebeto, che in passato scorreva in città.
Castel dell'Ovo
Sorto sull'isolotto di Megaride, Castel dell'Ovo si staglia al centro del golfo, tra il porticciolo di Margellina e il Borgo Marinaro, a pochi passi dalla Villa Comunale. In età romana, al suo posto sorgeva il Castrum Lucullium, un forte di proprietà del patrizio romano Lucio Licinio Lucullo.
Nei secoli successivi, Normanni e Angioini ampliarono e fortificarono la costruzione in tufo. Residenza reale di Carlo I D'Angiò e di Alfonso D'Aragona, nel XVII secolo il Castello fu adibito a prigione; tra gli altri vi fu incarcerato il monaco-filosofo Tommaso Campanella. La visita al Castello è molto suggestiva. Si possono osservare i bastioni in tufo giallo, il Refettorio dei monaci, mentre, dalle terrazze ai piani alti, si può ammirare lo splendido panorama del golfo, fino al capo di Posillipo, con l'isola di Capri che si erge di fronte. Secondo la leggenda medievale, il poeta latino Virgilio, che veniva considerato nell'antichità anche un potente mago, avrebbe nascosto un uovo all'interno di una brocca sospesa, in una delle stanze del castello. La tradizione vuole che, quando la brocca con l'uovo cadrà finendo in pezzi, il castello e l'intera città andranno in rovina. L'interno del maniero offre la vista di strutture medievali ed alterna ambienti gotici a resti assai più antichi, quali i ruderi di un luogo di culto intitolato a San Salvatore. Sono degne di nota anche la Torre Maestra e la Torre Normandia.
Piazza del Gesù Nuovo
Si raggiunge da calata Trinità Maggiore. Nel centro antico della città, piazza del Gesù Nuovo rappresenta un punto di incontro tra il percorso medievale e rinascimentale e la Napoli barocca. Nella piazza si trovano i Palazzi Pignatelli, Sanfelice e la Chiesa del Gesù Nuovo. Su un lato della piazza si erge, maestoso, il complesso gotico del Monastero e della Chiesa di Santa Chiara. La Guglia dell'Immacolata, suggestivo ornamento della piazza, risale al 1750. Il progetto della guglia è di Giuseppe Genuino, i lavori furono diretti da Giuseppe Di Fiore. Esempio di barocco napoletano è la parte scultorea della guglia, di Matteo Bottiglieri e Francesco Pagani.
In cima si trova la statua in rame dorato dell'Immacolata, realizzata nel 1753. Ogni anno, l'8 dicembre, festa dell'Immacolata, già festa nazionale del Regno di Napoli, i vigili del fuoco depongono una corona di fiori ai piedi della statua, in cima alla guglia.
Chiesa del Gesù Nuovo
È fortemente caratterizzata dallo stile barocco. La Chiesa del Gesù Nuovo, che si affaccia sull'omonima piazza, fu realizzata tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600 da Giuseppe Valeriane. La Chiesa ha la pianta a croce greca, a tre navate con bracci diseguali. La tipica facciata a bugnato a punta di diamante, opera di Novello da San Lucano, era del Palazzo dei Sanseverino.
L'interno del tempio risalta per il massiccio impiego di policromie marmoree. Vi sono da ammirare opere di Cosimo Fanzago (Santi), di Luca Giordano (Storie di San Francesco Saverio), di Francesco Solimena (La cacciata di Eliodoro dal Tempio). Di particolare interesse è la Cappella di Sant'Anna, dove sono custoditi 64 busti-reliquiario di santi in legno.
Chiesa e Chiostro di Santa Chiara
La Chiesa di Santa Chiara sorge a ridosso delle mura romane. Nacque per volere della regina Sancia di Maiorca, moglie di Roberto d'Angiò, la quale, non avendo potuto prendere l'abito delle monache di clausura, affidò agli inizi del 1310 l'incarico della costruzione a Gagliardo Primario. Costruita in stile gotico, la Chiesa di Santa Chiara ha subito numerose modifiche.
La Chiesa, come l'annesso Monastero, è affidata alle cure dei frati minori, mentre le Clarisse di clausura occupano il confinante Monastero della Trinità, con una chiesetta che si affaccia su piazza del Gesù. Nella facciata della Chiesa si nota un rosone di oltre otto metri di diametro. All'interno è custodito anche il Sepolcro di Roberto I d'Angiò. Quest'opera si inserisce nel contesto delle Tombe Reali, tra le quali spiccano il Sepolcro di Maria di Durazzo nonché i Sepolcri di Maria di Valois e di Carlo di Calabria, la tomba di Clemenza e Agnese di Durazzo e il Sepolcro dei Penna. Nella settima cappella a destra sono custoditi i trecenteschi Sepolcri del Balzo e un San Francesco, del Naccherino. Nella decima cappella sono sepolti alcuni regnanti borbonici come Ferdinando e Francesco II. L'altar maggiore è sovrastato da un Crocifisso in legno del XIV sec. Nella prima cappella di sinistra è la tomba di Salvo D'Acquisto, il Vicebrigadiere dei Carabinieri che con il suo sacrificio salvò la vita a 22 ostaggi dei Tedeschi nel 1943. Dietro la Chiesa è il Coro delle Clarisse, testimonianza insigne di architettura gotica. Vi si ammirano frammenti di un ciclo affrescato da Giotto e allievi. Poco distante dalla Chiesa sorge il Campanile, che fu costruito nella prima metà del '300. Chi si reca a Santa Chiara non può non visitare l'antico Chiostro maiolicato nel quale sono raffigurati fiori e frutta, e Scene di vita quotidiana.
Il Duomo
Il Duomo rappresenta il centro della vita religiosa della città. Al suo interno è la Cappella di San Gennaro, dove sono custodite le reliquie del santo patrono della Campania. Il Duomo, intitolato alla Vergine Assunta, fu voluto da Carlo II d'Angiò (anche se molti storici sostengono che la volontà di erigere il tempio sia da attribuire al padre, Carlo I) e fu eretto dove prima sorgeva la Stefania, una basilica del VI secolo, i cui resti sono ancora oggi visibili, visitando l'annesso Palazzo Vescovile. Nel medesimo luogo erano ubicate la Basilica di Santa Restituta, gemella della Stefania (IV sec.), e la sede di Aspreno, il primo vescovo di Napoli, successivamente assurto all'onore degli altari. La facciata del complesso, distrutta dal terremoto del 1349, è stata completamente rifatta nel corso dei secoli.
Attualmente risalta lo stile neogotico, così come voluto dal progettista Enrico Alvino. Le ultime ristrutturazioni risalgono al 1951 e al 1969, per porre rimedio ai gravissimi danni causati dai bombardamenti alleati del 1940-1943.
Di stile quattrocentesco sono i portali della Chiesa, opera dello scultore Antonio Baboccio (1407). Si osservi il portale maggiore, decorato da leoni stilofori (XIV sec.) e da una Madonna, eseguita da Tino di Camaino. L'interno è a croce latina a tre navate, sostenute da 16 pilastri, ai quali si appoggiano, complessivamente, ben 110 antiche colonne granitiche.
Il Monumento a Carlo I, Carlo Martello e Clemenza d'Asburgo, che campeggia nella controfacciata, fu realizzato alla fine del XVI sec. da Domenico Fontana. Il Fonte Battesimale è una pregevole realizzazione del XVII secolo. Nel transetto destro spicca la pala dell'Assunta, dovuta alla mano del Perugino. Alla destra del presbiterio (seconda cappella), si apre la Cappella Minutolo, pregevole saggio di architettura gotica. Vi si distinguono le tombe dei principi Minutolo ed una serie di pregiati affreschi e dipinti, ritenuti opera di Montano d'Arezzo e  Roberto d'Oderisio. Alla sinistra del presbiterio (seconda cappella), si apre la Cappella di San Lorenzo, dove spicca l'Albero di Jesse, pregevole esecuzione a fresco di Lello da Orvieto (XIV sec.). L'abside poligonale è di fattura settecentesca, mentre le quattro cappelle del transetto conservano l'originario aspetto gotico. Di interessante valore, oltre ai quattro dipinti della crociera, è anche il trono vescovile di marmo, opera del XIV secolo. Molte le tombe di uomini illustri che si trovano all'interno della basilica. Tra i sepolcri vi è anche quello di Sant'Aspreno, primo vescovo di Napoli.
Sottoposto all'altare maggiore si trova il Succorpo del Duomo. È una cappella, conosciuta anche come Confessione di San Gennaro o Cappella Carafa. Si ritiene che il Bramante possa avere contribuito alla sua progettazione. Vi si accede mediante una doppia scala, chiusa da due porte di bronzo. Fu commissionata nel 1497 dal cardinale Oliviero Carafa. Nel Succorpo sono custoditi i resti di San Gennaro.
La costruzione della Cappella del Tesoro di San Gennaro fu avviata il 7 giugno del 1608, su disegno di Francesco Grimaldi, per un voto fatto dalla città, che qualche decennio prima era stata minacciata dalla peste. Il cancello di ottone di ingresso alla Cappella fu disegnato da Cosimo Fanzago nel 1630. La Cappella è a croce greca ed è sormontata da una cupola. Il suo ornato, costituito da preziosi marmi, argenti e pitture, è di notevole ricchezza.
La cupola fu affrescata nel XVII sec. dal Lanfranco (Paradiso); le altre pitture a fresco furono eseguite dal Domenichino (Episodi della vita di San Gennaro). Le pitture su rame, all'altare, sono opera del Domenichino e del Ribera. L'altare maggiore, costruito su disegno del Solimena, è tutto coperto da ornamenti di argento e rame dorato. Dietro l'altare maggiore sono custodite le due ampolle con il sangue del martire, che vengono esposte al pubblico due volte l'anno - a settembre e nella domenica che precede la prima domenica di maggio - in occasione del rinnovarsi del prodigio della liquefazione. È in queste occasioni che viene esposto al pubblico il preziosissimo Busto reliquiario, eseguito in città nel XIV sec. dai maestri francesi Etienne, Godefroyd, Guillame de Verdelay, Milet d'Auxerre.
Nella Sacrestia, tutta dipinta dal Giordano e dal Farelli, oltre al Busto di San Gennaro, coperto da un piviale rosso, vi sono anche altri 44 busti d'argento dei santi compatroni della città di Napoli. La Cappella di Santa Restituta fu costruita intorno al 1334. Essa si trova, all'interno del Duomo, con l'accesso posto di fronte a quello della Cappella del Tesoro. Della originaria struttura, l'antica basilica costantiniana a croce latina, resta ben poco. Allo stile bizantino, che caratterizzava tutto l'edificio, nel corso della ristrutturazione avvenuta intorno alla fine del XVII secolo, sono state aggiunte forme barocche. Da segnalare il mosaico di Lello da Orvieto, che raffigura la Madonna con il Bambino in trono tra i Santi Gennaro e Restituta. Di particolare interesse artistico è anche la Cappella di San Giovanni, che era l'antico battistero. Altrimenti noto come San Giovanni in Fonte, risale ai secc. IV-V.
San Gennaro
Il Museo  Borbonico (Museo archeologico Nazionale)
II Museo Archeologico Nazionale di Napoli può essere considerato, per la quantità e la qualità dei reperti greci e romani che vi sono custoditi, uno dei più importanti centri di cultura del Mondo intero. Il Palazzo nacque nel 1585 come Caserma di Cavalleria, fu poi adibito ad Università ed infine fu completamente rifatto e trasformato in Museo da Carlo di Borbone, che vi trasferì la famosa Collezione Farnese, di sua proprietà (ereditata dalla madre Elisabetta Farnese, regina di Spagna). Per un lungo  periodo di tempo e fino al 1922, quando fu trasferita a Palazzo Reale, vi ebbe sede anche la Biblioteca Nazionale.
Al primo nucleo del Museo presto si aggiunsero i successivi ampliamenti dell'ingente patrimonio artistico, determinati dalla sistemazione dei reperti rinvenuti negli scavi archeologici condotti a Pompei, Ercolano e Stabia. È praticamente impossibile citare l'enorme quantità dei reperti e delle opere esposte. Il mutamento dei criteri espositivi inoltre ha di fatto determinato, negli ultimi anni, un nuovo allestimento degli spazi aperti al pubblico. Ricorderemo, tra i pezzi o le sale più rappresentative, i capolavori provenienti dalle romane Terme di Caracalla (Ercole Farnese) o dalle collezioni dei Medici. Completano il vastissimo panorama dei materiali esposti le pitture provenienti da Pompei, Ercolano e Stabia, le sculture, i bronzetti ed i materiali vascolari. Tra questi ultimi si segnalano i vasi di provenienza etrusca, attica, lucana, apula e campana.
Castel Sant’Elmo
Insieme all'adiacente Certosa di San Martino, costituisce un importante complesso monumentale, posto sulla collina del Vomero. Anche Castel Sant'Elmo fu edificato per volere di Roberto I D'Angiò: i lavori cominciarono nel 1329 e terminarono nel 1343.
La costruzione tufacea, che da lontano richiama i caratteri architettonici di Castel Dell'Ovo, servì come opera di fortificazione della città, soprattutto per proteggerla dalle invasioni via mare. Tutte le vicende storiche di Napoli passano per Castel Sant'Elmo. Esso fu testimone di numerosi assedi e di feroci contese. Più volte comunque il vecchio forte ha rischiato di essere distrutto. Durante l'ultima Guerra Mondiale i Tedeschi, prima di ritirarsi, volevano farlo saltare in aria, ma all'ultimo momento preferirono risparmiarlo. Nel Castello, oggi restaurato, dopo essere stato liberato dalla sua destinazione a carcere militare, trovano sede mostre artistiche e storiche, mentre all'interno si trovano la Biblioteca d'arte Molajoli e una videoteca, che fornisce informazioni sui monumenti di tutta la città. Fanno parte del complesso la cinquecentesca Chiesa di Sant'Elmo e la Cappella di Santa Maria del Pilar (XVII sec.). Dai camminamenti e dal piazzale superiore del Castello si ammira un vasto ed estesissimo panorama sulla città incorniciata dal Vesuvio, sull'agro partenopeo e sul meraviglioso golfo delimitato da Capri e dal profilo delle isole flegree. [vai alla pagina dedicata]
La Certosa di San Martino
II complesso architettonico è situato al limite della collina del Vomero, in magnifica posizione panoramica verso la città, il golfo e le isole. Il suo caratteristico profilo, sovrastato dalla poderosa mole del Castel Sant'Elmo, costituisce una delle note più caratteristiche del paesaggio napoletano. Il monastero venne iniziato in età angioina e fu terminato sotto la regina Giovanna I (seconda metà del XIV sec.).
I primi architetti che lavorarono all'edificazione della Certosa furono F. di Vito, M. di Malotto, Tino di Camaino, A. Primario, B. de Baeza. Il complesso venne ristrutturato nel tardo XVI sec., ad opera di G.A. Dosio, ma fu completamente trasformato da G.G. Conforto e da G. Fanzago, che ad esso conferirono la tipica impronta del barocco napoletano del XVII secolo. Negli ambienti della Certosa è ordinato il Museo Nazionale di San Martino, che offre un interessante spaccato sulla storia e l'arte della città a cavallo dei secc. XVII-XIX. La bellissima Chiesa, ad un'unica navata, stupisce per la ricchezza dei decori marmorei e può essere considerata a pieno diritto una vera e propria galleria di pitture. Meritano infine una citazione il Chiostro Grande (G.A. Dosio e C. Fanzago) ed il Chiostro dei Procuratori, realizzato anch'esso dal Dosio.
Il Palazzo reale di Capodimonte
Il grandioso edificio si inserisce mirabilmente nell'esteso e verde parco che corona la collina di Capodimonte. Il progetto venne redatto da G. Antonio Medrano, per incarico di re Carlo di Borbone. Il completamento dei lavori, iniziati nel 1738, richiese quasi un secolo. L'edificio venne infatti terminato nel 1839, con il determinante concorso di Ferdinando Fuga. Il Palazzo si presenta nelle armoniose proporzioni architettoniche esaltate dalle slanciate paraste in piperno, che contrastano con la tinteggiatura rossiccia delle pareti esterne. Negli ambienti interni trovano la loro degna sistemazione l'importantissimo Museo e le Gallerie Nazionali di Capodimonte, riordinate negli anni Cinquanta. Le collezioni sono il frutto di integrazioni, donazioni e trasferimenti di opere d'arte susseguitesi nel corso dei secoli. Si distingue la Pinacoteca, ricca di opere di artisti fra i quali Simone Martini, Masolino da Panicale, Masaccio, Botticelli, Sebastiano del Piombo, Correggio, Giovanni Bellini, Mantegna, Tiziano, Caravaggio, Pieter Brueghel, Lucas Cranach, El Greco.
Nella Galleria dell'Ottocento si trovano alcune opere di artisti in larga misura napoletani, anche se non è trascurabile la rappresentanza delle altre scuole pittoriche. Una nota caratteristica è restituita dall'Appartamento Storico e Museo, dove trovano la loro collocazione pregevoli saggi di porcellane. Meritano infine una citazione la Raccolta De Ciccio (porcellane e maioliche dal XIII al XVIII sec.) ed il cosiddetto Salottino di porcellana, raffinata esecuzione della seconda metà del XVIII secolo. Fanno parte delle dotazioni del Museo le collezioni di monete preziose e di armi. Nel Parco, noto anche come Bosco di Capodimonte, sorge l'edificio settecentesco che accolse la nota Manifattura di porcellane di Capodimonte.

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